Psicoterapia individuale
L’incontro individuale tra una persona e lo Psicoterapeuta è una esperienza unica, potenzialmente ricca di scoperte e foriera di cambiamento. Credo che l’ascolto rispettoso e attento sia un potente veicolo per l’instaurarsi della relazione terapeutica.
La frequenza degli incontri varia a seconda delle situazioni e del tipo di richiesta, i colloqui durano circa un’ora.
E’ possibile fare un lavoro che raggiunga livelli profondi del sé, attraverso la storia rinarrata, i sogni, le esperienze attuali, in un luogo in cui è possibile liberare il proprio pensiero.
Spesso, troppo spesso, problemi esistenziali vengono diagnosticati come “depressione”, un etichettamento che ostacola l’elaborazione del proprio vissuto di tristezza e riduce le possibilità di un cambiamento.
A volte, invece, sono eventi particolari della vita a rendere necessario un aiuto per il loro superamento, e in questi casi la Psicoterapia si può focalizzare su aspetti più specifici.
La mia impostazione teorica è Psicoanalitica con una forte componente Relazionale.
Durante la mia specializzazione ho avuto modo di approfondire l’incontro tra queste due correnti di pensiero.
…per approfondire Psicoterapia Psicoanalitica e Modello Relazionale
Credo che, a volte, l’orientamento Psicoanalitico crei delle perplessità legate all’idea della Psicoanalisi come una terapia in cui la soggettività del terapeuta viene completamente messa da parte, in favore di un atteggiamento asettico e impersonale.
In realtà, dopo centoventi anni dalla pubblicazione de “L’Interpretazione dei Sogni” di Freud, l’evoluzione teorica e tecnica della teoria psicoanalitica legata all’esplorazione profonda, ha portato all’inclusione nelle dinamiche oggetto di osservazione, del terapeuta, altro polo della relazione terapeutica, considerandone la sua partecipazione sempre più importante.
Ci sono stati più filoni di indagine e orientamenti che, da punti di osservazione diversi, hanno trovato punti di contatto in aspetti della pratica clinica che comprendono un ascolto diretto della relazione con il paziente nella situazione analitica, e non solo delle sue relazioni passate, e di conseguenza da un lato la considerazione dell’esistenza di più livelli riguardo alla comunicazione del paziente, dall’altro la rivitalizzazione di aspetti più emotivi del terapeuta. Primo fra questi orientamenti teorici, l’ottica Relazionale.
Nell’ottica Relazionale, nelle sue varie sfumature e correnti, il fattore imprescindibile è il riconoscimento della mente come intrinsecamente diadica, interpersonale durante tutto l’arco della vita.
Gli orientamenti più recenti della Psicoanalisi sono stati fondamentali nella mia formazione, e lo sono oggi nell’aggiornamento.
Ho molto apprezzato il pensiero di Bion e degli autori che dopo di lui hanno contribuito a dare al terapeuta non solo una presenza più piena nella relazione col paziente, ma ancor più hanno individuato nella ricerca della verità un obiettivo fondamentale della psicoterapia. … verso un più vero senso di sé, che diventa a questo punto un vertice di osservazione privilegiato, letto anche attraverso il ricordo di concetti appassionanti che da Winnicot (il falso sé), Masud Khan (I sé nascosti), Steiner (I rifugi della mente), sono arrivati fino a Bion e Grotstein[1] (la Pulsione alla verità) e che rinnovano la mia riflessione sul concetto di verità.
…per approfondire Una lettura Psicoanalitica di Stalker di Tarkowsky
Mentre Winnicott lega il falso sé alle richieste esterne, come anche Masud Khan, Bion lega la negazione della verità, alla protezione dal dolore che questa comporta, parallelamente esiste una spinta libidica, costituzionale, a cercare la verità circa noi stessi e il nostro rapporto con la realtà.
W.R. Bion , Memoria del futuro: il sogno, Cortina, Milano, 1993 pag. 70-71) “L’approccio psicoanalitico … è stato inficiato dalla mancata comprensione dell’applicazione pratica del dubbio, dal non aver capito la funzione di ‘bocca’, ‘seno’, ‘pene’, ‘vagina’, ‘contenitore’, contenuto’ come analogie”. Il concetto di capacità negativa coincide anche con un principio etico di ospitalità e compassione per il dolore dell’altro, piuttosto che esprimere una regola, pure utile, ma che potrebbe concretizzarsi e far persistere nell’arroganza e nella superbia. Sul piano clinico è la traduzione, come indicazione tecnica, del dubbio metodico che Bion, cartesianamente, ritiene debba far parte dello strumentario di ogni analista. Lo stesso principio si esprime a livello teorico con l’invito a indagare e “trascendere la cesura” (Bion, 1977). Da un vertice metateorico, invece, il dubbio sistematico è alla base del flusso costante, più o meno carsico, delle riflessioni di carattere epistemico, che esitano in una critica dell’opposizione ideologia/scienza, anche in psicoanalisi, e con la tendenza a utilizzare, per esprimersi, sempre più “finzioni scientifiche”, cioè forme dichiaratamente narrative. In questo Bion si trova in sintonia con la decostruzione derridiana della faglia tra discorso narrativo-letterario e scientifico-filosofico. Green (1992, pag. 587) ha messo a fuoco con molta precisione questo aspetto.”
Giuseppe Civitarese. Bion e la ricerca dell’ambiguità
[1] “La ricerca della verità. […] espongo l’idea che, dietro l’ordine nascosto che attraversa tutta l’opera bioniana, risieda il concetto di Pulsione alla verità e che tutti i meccanismi di difesa dell’Io siano principalmente contrapposti all’irruzione della verità inconscia anziché alla libido e all’aggressività (Grotstein, 2004b). L’essere umano, in altri termini, è davvero un individuo teso alla ricerca e/o all’evitamento della verità, e la psicopatologia (la sintomatologia) riflette una predisposizione verso la seconda posizione citata, mentre una condizione sana riflette la prima posizione.” In James S. Grotstein. Un raggio di intensa oscurità. Cortina 2010 p.61